Il Rev.do Jim Linthicum
2 Giugno 2024
La Seconda Domenica dopo Pentecoste

In inglese c’è la famosa frase “non giudicare un libro dalla copertina”. E questo viene applicato a una varietà di situazioni, dal modo in cui appaiono le persone al packaging che viene spesso utilizzato per convincere un acquirente ad acquistare ciò che spesso non solo non è necessario, ma non ne vale la pena.


Dietro tutto ciò c’è l’appello alla volontà di guardare oltre e guardarsi dentro. Le letture di oggi indicano una visione del mondo simile e, mentre le osserviamo, possiamo vedere il contenuto – l’amore, la misericordia e la sfida di Dio donati attraverso Cristo – come la priorità e la necessità nella vita di tutti i giorni.

Durante le letture non c’è solo un senso di abbondanza, ma anche di scarsità. In Marco, invece di “cuore”, c’è “durezza di cuore”. Per Paolo c’è l’equivoco che coloro che cercano di condividere Cristo stiano invece “proclamando” se stessi. E in Samuele, non solo la parola del Signore era “rara”, ma Samuele non aveva ancora “la parola del Signore rivelata”. Oltre a ciò, il suo insegnante, Eli, aveva un indebolimento della vista che probabilmente poteva essere interpretato non solo fisicamente ma metaforicamente poiché i suoi figli riuscivano ad allontanarsi dalla parola del Signore alla quale erano stati chiamati come sacerdoti.

In questi “vasi di terra”, privi di un certo grado di forza e bellezza, venne la parola del Signore. Per Samuel era una chiamata che avrebbe avuto un impatto non solo sul suo futuro, ma sul futuro di Israele. Per Paolo fu la giustapposizione tra la vita e la morte a fornire il fondamento per il suo ministero e per il Cristo che predicava. Ebbene, a coloro che hanno messo alla prova Gesù sia nelle sue guarigioni che nelle sue abitudini alimentari, è stata data l’opportunità di acquisire un senso di prospettiva su chi è Dio e cosa vuole veramente. Nell’apparente insignificanza si trovano le verità dell’eternità.

Quella chiamata ad ascoltare, rispondere e guardare oltre la superficie continua. E soprattutto in un mondo per il quale l’immagine è spesso il metro di misura, le verità possono perdersi dietro le superficialità. Mentre parliamo di se stesso, le parole di Paolo in 2 Corinzi possono fornire ispirazione e guida per la nostra vita e missione. “Siamo afflitti in ogni modo, ma non schiacciati; perplesso, ma non portato alla disperazione; perseguitato, ma non abbandonato; abbattuto, ma non distrutto; portando sempre nel corpo la morte di Gesù, perché la vita di Gesù si renda visibile nel nostro corpo”.

Allora come arriviamo al punto in cui possiamo portare insieme la morte e la vita dentro di noi e permetterle di darci resilienza nelle situazioni più difficili? Rispondiamo con Samuele, non semplicemente facendo sapere a Dio che “eccoci”, ma “parla, Signore, perché il tuo servo sta ascoltando”. E anche se anche ai nostri giorni la Parola del Signore può sembrare rara e non ci viene “rivelata quanto noi desideriamo”, essa è lì, viva e offerta a chi vuole ascoltarla. al discorso.

Altrettanto importante è che il processo è infinito. In The Wound of Knowledge, Rowan Williams scrive, “a causa della sua natura illimitata, questo viaggio – il cristianesimo – è sempre segnato dal desiderio, dalla speranza e dal desiderio, senza mai arrivare a possedere o controllare il suo oggetto”. Morte e vita, verità e sfida: la gioia e la fatica di seguire Cristo si estendono nell’eternità di cui spesso si parla molto, ma poco si comprende pienamente. E questo non si basa sugli involucri che ci definiscono, ma sui contenuti del Vangelo dentro di noi.

Il defunto reverendo John Timmer, autore di The Four Dimensional Jesus, parla dei maglioni che indossavano i pescatori di una parte della costa irlandese. Questi servivano non solo a proteggerli dagli elementi, ma avevano una funzione più inquietante. Per ogni pescatore il modello era diverso. Se dovessero essere trascinati in mare e morire, gli elementi eliminerebbero presto ogni identificazione della persona, ma i modelli dei loro maglioni che li identificavano in vita, li identificherebbero anche nella morte.

Siamo vasi di terra di Cristo. Il teologo Lois Malcolm scrive: Poiché tutto ciò che distorce e rovina la nostra bontà creata muore in Gesù – sia che siamo stati noi a creare quella disfunzione o che altri ce l’abbiano imposta – la vita di Gesù si manifesta come il fiorire di una nuova creazione nelle nostre vite. Ma quella fioritura e quel rinnovamento implicano anche la condivisione delle sofferenze di Gesù – l’essere continuamente messi a morte da tutto ciò che va contro ciò che questo Messia crocifisso, la Sapienza di Dio, incarnava. Un’opportunità, una sfida, una chiamata. Mentre chiediamo al Signore di continuare a parlarci perché siamo in ascolto, possiamo noi incarnare la Buona Novella della morte e della vita, vasi di creta contenenti i tesori di Dio.