Il Revd. Austin K. Rios
12 febraio 2023: Epifania 6

La settimana scorsa abbiamo parlato della nostra chiamata ad abbracciare la nostra identità più profonda in Dio e a curare l’integrità della nostra testimonianza, in modo che chi crediamo di essere e come agiamo nel mondo siano il più possibile allineati.

Questa settimana le nostre letture ci portano più a fondo nella discussione sull’identità e l’integrità, con un’attenzione specifica alle questioni della legge e della vita.

Sentiamo la voce di Mosè nel Deuteronomio che ci istruisce a scegliere la vita invece della morte, il che significa seguire i “comandamenti, le ordinanze e i decreti” di Dio invece di inseguire altri dei.

La promessa è che se lo faremo, la nostra vita sarà caratterizzata dalla benedizione, mentre se non lo faremo, la nostra vita sarà caratterizzata dalla maledizione.

Una miriade di predicatori del Vangelo della prosperità si sono attaccati a questo passo, e ad altri simili, per convincere le loro congregazioni che seguire la via di Dio rappresenta una scelta chiara e diretta e che la vita di coloro che scelgono la vita sarà segnata da abbondanti benedizioni, spesso intese come abbondanza di successi finanziari, di carriera e di vita sentimentale.

Vi prego di ascoltarmi: sono un convinto sostenitore del fatto che scegliere la vita che ci viene offerta in Dio ci porta a una vita benedetta e abbondante di ricchezze che il mondo non può dare.

Ma come il nostro canone scritturale sa, come Gesù spiega nel Vangelo di oggi e come la testimonianza della nostra vita testimonia a ciascuno di noi, scegliere di seguire Dio con integrità non sempre porta alla prosperità che questi predicatori promettono.

I nostri antenati ebrei in fede hanno lottato con questo motivo di benedizione e maledizione in tutto l’Antico Testamento, ma in nessun luogo in modo più evidente che nel libro di Giobbe.

Le cose brutte possono accadere e accadono alle persone buone, e scegliere di affiliarsi agli ordini e alle istituzioni che parlano a nome di Dio non garantisce che non si soffra.

Le parole di Gesù nel Vangelo di oggi, che seguono la sezione “Beati voi” del Discorso della Montagna di Matteo, sono rivolte a coloro che cercano il livello di maturità spirituale nell’osservanza della legge di cui parla Paolo nella Lettera ai Corinzi.

Quando sentiamo per la prima volta la chiamata di Dio a scegliere la vita – intendo dire che la sentiamo veramente nel modo che ispira la conversione e il riorientamento della nostra vita – è come se fossimo stati accolti nella magnifica casa di Dio.

Il contrasto tra il modo in cui vivevamo fuori e quello in cui viviamo sotto il tetto dell’Onnipotente è netto, e spesso siamo così entusiasti di questa nuova vita che diventiamo zelanti nel difendere le porte dell’edificio.

Prestiamo molta attenzione a seguire le regole e a farle rispettare agli altri, perché sono le regole della strada che ci hanno aiutato a entrare nella casa di Dio.

Dobbiamo fare molta attenzione a non scoraggiare o allontanare un nuovo zelante convertito allo stile di vita, perché senza di lui il messaggio di vita che proclamiamo non raggiungerebbe le nuove generazioni oltre i confini della nostra vita terrena.

Eppure, se incoraggiamo i membri del nostro corpo a RIMANERE semplicemente dei guardiani zelanti e all’interno del livello superficiale di conversione che caratterizza la nuova fede, siamo condannati.

Paolo, anch’egli nuovo convertito, incoraggia i Corinzi a passare dal latte spirituale della semplice osservanza della legge, segnata da litigi e disaccordi su questioni superficiali, al cibo solido di un impegno più profondo con la legge e tra di loro.

La discussione di Gesù sulla legge si sposta dalla soddisfazione degli elementi esteriori delle ordinanze che danno vita all’attenzione per le radici e le fondamenta del peccato che danno origine alla necessità di leggi in primo luogo.

La vita che deriva dall’osservanza della legge non deriva semplicemente dall’evitare l’omicidio e l’infedeltà, o dall’escogitare modi intelligenti per divorziare dal proprio coniuge che soddisfino la lettera della legge.

La vita abbondante nasce dalla nostra attenzione ai semi della divisione che sono piantati e annaffiati nei nostri cuori e nelle nostre case.

La prosperità che conosciamo come vita di risurrezione si manifesta quando osserviamo i due comandamenti più grandi – ama il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, la tua mente e la tua forza e ama il tuo prossimo come te stesso – come un invito a livelli più profondi di esplorazione e comprensione matura.

Come una grande casa o un edificio ecclesiastico, coloro che sono chiamati a prendersene cura devono tenerli regolarmente liberi da polvere e detriti.

Questo è il minimo indispensabile per sostenere la vita.

Ma se gli amministratori e i custodi si occupano solo della pulizia superficiale e trascurano il marciume nei muri o le piante striscianti che minacciano le fondamenta, la casa e la chiesa non saranno presto in grado di stare in piedi.

Gesù e il suo apostolo Paolo chiedono ciò che i profeti hanno fatto prima di loro, ossia che il popolo di Dio scelga di vivere la chiamata più profonda a collaborare con il Signore nella riparazione del mondo, osservando sia la lettera che lo spirito della legge.

Accettare questa chiamata porta alle più ricche benedizioni che Dio offre.

A volte la nostra fedeltà a questa chiamata ci metterà in contrasto con gli altri, ma non vogliamo mai fare delle nostre divisioni un idolo che ci impedisca la riconciliazione.

A volte il nostro cammino sarà segnato dalla festa, a volte dalla carestia – a volte sapremo cosa significa essere ricchi, a volte cosa significa essere poveri – a volte conosceremo l’armonia di relazioni sane, a volte il pungolo del divorzio e della dissoluzione dell’amore.

La promessa di vita che ci viene offerta in Cristo non è che avremo una vita facile, lunga o prospera.

La promessa è che vivremo una vita autentica e abbondante – riuniti come membri dello stesso corpo – “lavorando insieme; come campo di Dio, come edificio di Dio”.

Siamo stati costruiti per la benedizione e, per servire come veri canali di riconciliazione, dobbiamo scegliere di crescere insieme in questa vita nel modo in cui Cristo ha insegnato e rivelato.

Mentre Dio continua ad attirarci verso livelli più profondi di maturità personale e comunitaria, mentre rimaniamo connessi e impegnati nella missione di Cristo, la vita che abbiamo scelto ci sceglierà di nuovo e inizieremo davvero a vivere “nella terra che il Signore giurò di dare ai nostri antenati, ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe”.

In una terra che non ha bisogno di essere difesa dai nemici terreni perché il Signore è il suo guardiano sempre vigile, una terra che risponde alla nostra attenta cura con infinita fertilità e una terra le cui fondamenta mature possono ancora dare forma e trasformare i nostri Paesi, le nostre comunità e la nostra Chiesa di oggi.