Il Revd. Austin K. Rios
2 aprile: Domenica delle Palme

  • Isaia 50:4-9a
  • Filippesi 2:5-11
  • Matteo 26:14- 27:66

Se partecipate alle funzioni della Domenica delle Palme da molti anni, potreste notare che quest’anno c’è qualcosa di diverso.

Invece di leggere la Passione – il racconto di Matteo degli ultimi momenti della vita terrena di Gesù – durante il consueto tempo dedicato al Vangelo, concluderemo la gioiosa funzione di oggi con essa.

La Passione viene sempre letta la Domenica delle Palme, per far sì che coloro che non possono o non vogliono partecipare alle funzioni della Settimana Santa non si perdano il fulcro dell’intera proclamazione della nostra fede.

Ma da anni mi irrita il modo in cui oscilliamo così rapidamente tra la celebrazione della processione delle palme e la profondità della disperazione nella crocifissione di Cristo.

Quest’anno resteremo con la gioia della Domenica delle Palme solo un po’ più a lungo, e dopo la comunione ascolteremo la Passione del Signore prima di entrare nel mondo in silenzio prima del postludio.

La sferzata emotiva e narrativa della Domenica delle Palme è sempre difficile, soprattutto perché tante cose cambiano in un istante.

I servizi della Settimana Santa sono pensati per permetterci di impegnarci ed elaborare quei momenti, in modo da poter meglio affrontare come comunità il modo in cui Gesù viene salutato con un osanna un minuto prima e poi mandato a una morte tortuosa mentre viene deriso e sbeffeggiato il minuto dopo.

Spero di poter vivere con voi queste funzioni speciali quest’anno. 

Cominciamo con la Tenebrae il mercoledì sera, ricordiamo l’Ultima Cena di Gesù con i discepoli il giovedì, andiamo insieme sulla croce il Venerdì Santo, ascoltiamo la storia della salvezza e celebriamo la prima Eucaristia di Pasqua nella Veglia del sabato, per poi riunirci qui la prossima settimana per la Domenica di Pasqua.

Ma nel caso in cui non possiate essere qui per il viaggio della Settimana Santa e per queste funzioni speciali, spero che questa settimana vi prendiate del tempo per riflettere sulla rapidità con cui la vita di nostro Signore è stata stravolta.

Lo stesso uomo che faceva miracoli e che si era guadagnato un seguito popolare in Galilea grazie ai suoi insegnamenti, alle sue guarigioni e alla sua capacità di dire la verità a ricchi e poveri, giovani e anziani, di alto e basso lignaggio – colui che tutte quelle persone che agitavano le palme speravano fosse il Messia venuto a rovesciare per sempre il giogo di tutti gli imperi – la vita di quell’uomo unico e bellissimo si è spenta nel giro di una settimana.

La stessa folla che lo aveva acclamato la Domenica delle Palme gridò il Venerdì Santo per crocifiggerlo, e persino i suoi più stretti seguaci e confidenti lo delusero e lo abbandonarono quando tutto andò a rotoli.

Ho passato anni a cercare di immaginare cosa potesse provare Gesù in un simile cambiamento, chiedendomi da dove venisse la sua forza interiore per rimanere fedele anche di fronte a sofferenze e angosce incredibili.

Ancora oggi mi sconvolge e mi stupisce che il Figlio di Dio, il bambino nato da Maria a Betlemme, sia stato così profondamente rifiutato, maltrattato e destinato a essere cancellato dall’esistenza.

La cosa più vicina a capire cosa sia stata questa settimana per Gesù è quando riflettiamo sulla rapidità con cui le nostre vite possono essere stravolte.

Quando si verificano disastri naturali, come i tornado in Arkansas o i terremoti a Norcia, le nostre vite vengono sconvolte e ci tocca raccogliere i pezzi.

O quando le relazioni si rompono tra noi e gli altri, quando il fragile ecosistema delle nostre menti e delle nostre anime si disfa e ci troviamo alla deriva in un mare di incertezza, incapaci di orientarci verso la sicurezza, allora possiamo avere un’idea del tumulto emotivo che Gesù deve aver vissuto.

Ma forse più importante del fatto che possiamo capire cosa stava passando Gesù è la realtà che, attraverso la sua Passione, egli ha compreso più intimamente ciò che noi sperimentiamo e attraversiamo.

Tutte le promesse infrante, le speranze deluse, tutte le difficoltà fisiche e la crudeltà, tutti i più grandi riconoscimenti e acclamazioni che precedono il più grande abbandono e isolamento.

Quando il Verbo di Dio si è fatto carne e ha vissuto in mezzo a noi, non è stato semplicemente per sperimentare il meglio che la vita sul pianeta terra può offrire.

In realtà, è stato per sperimentare la totalità dell’esistenza – alti e bassi, feste e carestie, comunità e solitudine – in modo che tutta la creazione potesse essere ripresentata a Dio in un’offerta d’amore liberamente scelta.

“Egli ha fatto proprie le nostre infermità” e ci ha mostrato anche il costo estremo della scelta della via di Dio rispetto alla via del mondo.

Se il Vangelo finisse con la Passione che leggiamo oggi, immagino che la buona notizia di Cristo non sarebbe uscita dalla Palestina del I secolo.

C’è molto di più nella storia della salvezza, ma in questa Domenica delle Palme, forse è sufficiente permetterci di sperimentare ancora una volta quanto velocemente il mondo cambia, quanto velocemente le nostre vite possono essere messe sottosopra e quanto può essere difficile rispondere nel modo in cui spereremmo in mezzo a tali difficoltà.

E per riflettere insieme, questa settimana, su come Gesù abbia affrontato le stesse difficoltà umane che noi sperimentiamo, dandoci la speranza di poterlo seguire dove le sue scelte e i suoi impegni alla fine conducono.